la società senza dolore

Byung-Chul Han

La società senza dolore

Byung-Chul Han apre il suo saggio definendo il termine di algofobia, che è appunto la paura del dolore, e mettendo in evidenza che questa paura si estende ad ogni ambito della nostra vita, che sia l’amore, la politica o la relazione con noi stessi.

La società senza dolore è una società in cui le persone hanno una paura generalizzata del dolore, che ha come conseguenza la spinta a desiderare un’anestesia permanente. Si vede quasi come un diritto costituzionale il poter vivere un’esistenza priva di dolore. 

Il dolore è diventato tabù, non ci si può mostrare sofferenti altrimenti si viene etichettati come deboli, e in una società della prestazione, la debolezza non è contemplata, viene trattata come un problema che deve essere risolto, per ottimizzare le prestazioni. Per questo motivo non si ha più il tempo ed il modo di soffrire, non si ha la possibilità di poter scavare dentro di sé per comprendere le motivazioni della nostra sofferenza, e scoprire così qualcosa di nuovo, riemergere arricchiti. 

“Ci si scorda che il dolore purifica, emana un effetto catartico. Alla cultura della compiacenza manca la possibilità della catarsi.” -Byung-Chul Han

Infatti nel dolore facciamo esperienza del completamente altro, della diversità, viviamo un contrasto che ci obbliga a confrontarci con posizioni, idee, pensieri, completamente diversi dai nostri. Da questo contrasto nasce la critica, il nuovo, mentre l’anestesia impedisce che il dolore si faccia parola e perpetua una narrazione sempre uguale, identica a sé stessa. Ormai gli anestetici sono ovunque e sotto ogni forma, anche il potere divenuto smart non fa più male, cede ai popoli il compito di auto disciplinarsi, e questa auto disciplina si manifesta in forme di comunicazione e sorveglianza totale, dove il denudamento pornografico rappresenta la massima espressione della nuova e riconquistata libertà. Una libertà paradossale nella quale è l’uomo a schiavizzare liberamente sé stesso. Oltre al porno e gli altri contenuti a sfondo sessuale a cui siamo costantemente esposti, gli altri anestetici sono sicuramente i social media, i videogiochi, le serie tv, ed i vari tipi di comunicazione di massa perennemente attivi.

“Il bisogno di lasciar diventare eloquente il dolore è condizione di verità. Infatti il dolore è oggettività che pesa sul soggetto.” -Adorno, Dialettica negativa

L’assenza di dolore derealizza il mondo, lo rende lontano, distante come un sogno, così succede che dopo aver visto migliaia di scene di morte, violenza e guerra in televisione, quando vediamo dal vivo qualcuno che soffre oppure in pericolo, non sentiamo più nulla nei suoi confronti e non ci sentiamo in dovere d’intervenire, perché non sembra nemmeno reale. La felicità isola l’essere umano, il benessere diventa una questione privata e la sofferenza il proprio fallimento personale che deve essere risolto privatamente. Così mentre prima si faceva una rivoluzione quando più persone stavano male per problemi sociali, adesso invece si cade in depressione e ci si allontana dagli altri. Non può mai manifestarsi una rivoluzione senza il dolore percepito insieme, collettivamente, ma questo dolore è stato soffocato sul nascere, come dice Han: “La società palliativa spoliticizza il dolore medicalizzandolo e privatizzandolo”.

Il termine “palliativo” viene utilizzato spesso per indicare la nostra società, esso intende un azione medica rivolta al combattere provvisoriamente i sintomi di una malattia, senza però risolvere la causa. Nel nostro caso, si combatte il dolore come sintomo, cercando di annullare la sua percezione, senza però risolvere il problema che causa questo dolore. Alla fine il problema resta, ma il dolore non si sente più, esattamente come se ci fosse una persona con un braccio rotto, che però non sente dolore grazie ai farmaci assunti, e continua a utilizzare il braccio credendo di essere guarito, mentre il braccio sta marcendo pian piano. La società palliativa si rivela dunque una società della sopravvivenza, che tratta l’essere umano come una sorta di androide biologico che può e deve essere aggiustato, montato e smontato, per garantire l’assoluta assenza di dolore ed un maggior tempo di sopravvivenza.

“La società dominata dall’isteria della sopravvivenza è una società di non morti. Siamo troppo vivi per morire e troppo morti per vivere.” -Byung-Chul Han

Le conseguenze di una società siffatta sono molteplici, ma una di queste è sicuramente quella che viene chiamata la “sindrome della principessa sul pisello”, che consiste nel fatto che le persone soffrono sempre di più a causa di cose sempre più piccole. In sostanza non confrontandosi mai col dolore, e dunque non affrontando quelle situazione dolorose che permetterebbero di temprarsi e rafforzarsi, si diventa sempre più deboli, più cagionevoli, e si iniziano a percepire come dolorose cose sempre più piccole – finché un giorno anche una carezza sulla guancia ci sembrerà dolorosa.

Antonino Leo

di Antonino leo

Scrittore, divulgatore, e fondatore del progetto filosofia contemporanea.

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