La realtà è ciò che percepiamo

Berkeley riprende le tesi di John Locke e le amplia, portandole al loro estremo. Locke sosteneva che tutte le nostre conoscenze derivino dall’esperienza sensoriale, empirica, del mondo esterno. Facendo esperienza del mondo attraverso i sensi, tutto ciò che percepiamo viene tramutato in una rappresentazione mentale delle cose percepite, comunemente chiamate Idee. Quindi se percepiamo una mela, nella nostra mente si crea l’idea di mela, se percepiamo un cane, si crea l’idea di cane, o di quel particolare cane.

 

Secondo Berkeley non esiste una realtà al di fuori di quella che percepiamo con i nostri sensi, ovvero che non ci sono delle cose in sé, distaccate dalla nostra percezione, ma tutte le cose di cui facciamo esperienza non sono altro che idee percepite dalla nostra mente.

Da questo ne deriva che il mondo per lui non è fatto di cose materiali o di persone, ma solo di idee e di menti che percepiscono queste idee attraverso i sensi. Ma questo non vuol dire che il mondo esterno non esiste o che è fittizio, ma semplicemente che possiamo conoscerlo solo attraverso i nostri sensi, i quali sono delle rappresentazioni mentali, e quindi non abbiamo modo di sapere se esista qualcosa di diverso da queste idee e da chi percepisce queste idee.

Un’altra conseguenza di questa tesi risiede nel fatto che due persone osservando uno stesso oggetto, percepiranno quest’ultimo sempre in modo soggettivo, ognuno avrà una sua percezione dell’oggetto, differente da quella di qualsiasi altro, appunto perché non esistono cose in sé ma solo percezioni soggettive. Berkeley arriva alla conclusione che quelle due persone in realtà guardano due oggetti differenti e non il medesimo oggetto, quindi anche se apparentemente sembra di star guardando un’unico oggetto, questo si sdoppia, nel momento in cui viene percepito, in tanti oggetti diversi per quante sono le persone che lo percepiscono.

Il mondo viene dunque suddiviso in percettori (coloro che percepiscono) e percepiti (oggetti che non percepiscono), e se una cosa non è in grado di percepire, allora esiste solo come una percezione di chi la osserva, e nel momento in cui si smette di osservarla, dovrebbe cessare di esistere. Ma Berkeley ha risolto questo problema inserendo Dio nell’equazione, egli afferma che ogni cosa è sempre percepita dalla mente di Dio, che osserva costantemente tutto, dunque la luna non smette di esistere se nessuno la guarda, perché a guardarla c’è sempre Dio.

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