
L’effetto è separato dalla sua causa
Dire che ogni effetto è un evento distinto dalla sua causa, significa dire proprio che è l’uomo ad attribuire ai fenomeni la relazione di causa ed effetto, che altrimenti sembrerebbe non esserci.
David Hume tratta il tema del suicidio nel suo libro “Sul suicidio ed altri saggi morali”, parlando del suicidio come di una liberazione dalla propria condizione di esasperata sofferenza, dove togliersi la vita non viene visto come un trasgredire il dovere di conservare la propria natura o venir meno agli obblighi della società, e non viene visto nemmeno peccare contro Dio, come alcuni filosofi come Platone e San Tommaso D’Aquino consideravano in termini morali il tema del suicidio.
Ma al contrario il suicidio può coincidere con i nostri interessi, come dice Hume: “io credo che nessun uomo abbia mai fatto getto della vita, finché valeva la pena di conservarla…possiamo perlomeno essere certi che chi vi abbia fatto ricorso senza ragioni apparenti era affetto da un’incredibile depravazione o tristezza del carattere…”. L’obbiettivo di Hume è di difendere la libertà di scelta del suicidio razionale o eutanasia, una delle questioni bioetiche più importanti nella nostra società attuale.
Un uomo che abbandona la vita non nuoce alla società: cessa soltanto di fare del bene; ma se questo è un delitto, è ben lieve. Tutti i nostri obblighi di far del bene alla società sembrano implicare una reciprocità. Ricevo benefizi dalla società e perciò debbo promuoverne gli interessi; ma quando mi ritiro del tutto dalla società, posso avere ancora obblighi verso di essa?
-David Hume
Il suicidio razionale viene sempre visto, da un punto di vista religioso, come un male morale, ed a questo proposito Hume critica pesantemente l’opinione religiosa sul suicidio trovando fallace il modo di pensare della religione, infatti scrive: “Se il suicidio fosse un delitto, dovrebbe essere una trasgressione del nostro dovere verso Dio, il prossimo, o noi stessi.”
Hume porta degli esempi pratici per i quali il suicidio non è un atto di trasgressione verso dio, chiamandolo in causa come motore legislatore delle leggi naturali con le quali è stato creato l’uomo, al pari degli animali. Siccome l’uomo deve per forza di cose sottostare a queste leggi naturali, nessuna sua azione può di fatto trasgredirle ed andare così contro natura. Anche porre fine alla vita, inteso come porre fine alla propria natura di essere umano, fa parte della provvidenza di dio nell’ordine delle cose naturali, come scrive Hume: “il suo potere deriva dal supremo creatore e rientra nell’ordine della divina provvidenza. Quando la ripugnanza del dolore prevale sull’amore della vita, quando un atto volontario anticipa gli effetti di cause cieche, ciò è soltanto una conseguenza dei poteri e princìpi che l’onnipotente ha posto nelle sue creature”.
Quindi il suicidio è giustificato sulla base religiosa dalla stessa provvidenza del creatore che regola e provvede alle scelte dell’essere umano. Infatti, per Hume non ci sta alcun motivo religioso che implica una negazione della natura umana dell’uomo come invece sostenevano Platone e San Tommaso D’Aquino, ma anzi Hume riprende dagli stoici la volontà che giustifica il suicidio razionale, soprattutto da Seneca che giunto alla resa dei conti optò per la via del suicido. In conclusione David Hume porta una valida argomentazione contro la religione di come il suicidio razionale vada difeso sia in termini etici e morali, sia in termini biografici intesi come la liberazione della vita della storia della persona che ci impedisce di “staccare la spina”, quando invece si dovrebbe, anticipando di quasi due secoli e mezzo le questioni morali di cui la bioetica si interesserà a partire dagli anni 70° del novecento.
Dire che ogni effetto è un evento distinto dalla sua causa, significa dire proprio che è l’uomo ad attribuire ai fenomeni la relazione di causa ed effetto, che altrimenti sembrerebbe non esserci.
Secondo Berkeley non esiste una realtà al di fuori di quella che percepiamo con i nostri sensi, ovvero che non ci sono delle cose in sé…
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