
Giudizi analitici e sintetici
Kant divise i giudizi in base alla loro forma (analitici o sintetici) ed in base alla loro provenienza razionale o empirica (a priori o a posteriori).
Nella Critica del giudizio, con l’obiettivo di unificare il pensiero contenuto nelle prime due critiche, Kant individua due tipi di giudizio: il giudizio determinante ed il giudizio riflettente. Il giudizio viene definito come la facoltà di pensare il particolare come contenuto nell’universale e l’universale contenuto nel particolare. In quest’ultimo caso ci troviamo davanti ad un giudizio riflettente, che è il tipo di giudizio nel quale rientrano i giudizi estetici, quelli che riguardano il bello.
Kant dice che il bello è ciò che piace a tutti perché si manifesta nell’animo attraverso il “libero gioco dell’immaginazione e dell’intelletto”. Il bello riguarda il modo in cui la facoltà del sentimento viene influenzata dalla rappresentazione di un oggetto esterno, dalla forma dell’oggetto, la quale è limitata. Differentemente il sublime può riguardare anche oggetti senza forma, quindi illimitati, e per questo il sentimento tende sempre all’infinito: sublime è ciò al cui confronto ogni altra cosa è piccola.
Kant definisce il bello come “ciò che piace universalmente senza concetto”, poi entra nel dettaglio specificando quali sono le caratteristiche necessarie affinché si parli di bello. Possiamo dividerle in: disinteresse, finalità senza scopo, universalità e necessità.
Disinteresse: bisogna essere disinteressati dall’oggetto che vogliamo definire bello, non si deve presentare la volontà di volerlo possedere. Quando osserviamo un dipinto, il sentimento del bello si presenta durante la contemplazione dello stesso, e non nella possibilità di potersene appropriare. Allo stesso modo, dobbiamo essere disinteressati anche da eventuali guadagni.
Finalità senza scopo: l’oggetto giudicato bello non è qualcosa di utile per il raggiungimento di qualche scopo, non serve ad esercitare potere, a guadagnare o ampliare la conoscenza. Dunque l’unica finalità è la bellezza in sé, la forma stessa dell’oggetto, la cui rappresentazione suscita piacere nell’animo.
Universalità: il giudizio dato sull’oggetto deve poter essere universale, ovvero deve essere condiviso da tutti senza dover ricorrere a dei concetti. Questo può avvenire grazie ad una sorta di senso comune estetico, la struttura della mente umana è uguale in tutti, ed è formata in modo tale da far provare piacere alla vista di un oggetto bello.
Necessità: il carattere necessario del bello consiste nel fatto che quando entri in contatto con l’oggetto bello, per forza di cose lo percepisci senza aver bisogno di alcuna spiegazione, provi piacere, e non ne puoi fare a meno. “Bello è ciò che viene riconosciuto senza concetto come oggetto di un compiacimento necessario”.
Infine Kant definisce l’arte come prodotto del genio, il quale ha una disposizione innata nell’animo grazie alla quale riesce a cogliere le regole dell’arte dettate dalla natura stessa. Il genio riesce a captare delle idee estetiche che non possono essere espresse mediante l’utilizzo della ragione, ma solo attraverso l’espressione artistica.
Kant divise i giudizi in base alla loro forma (analitici o sintetici) ed in base alla loro provenienza razionale o empirica (a priori o a posteriori).
Questi due principi sono i percorsi da seguire per il raggiungimento dei propri obiettivi, e dunque del piacere.
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