L'eterno ritorno dell'uguale

L’eterno ritorno dell’uguale è una teoria filosofica di Nietzsche che viene enunciata per la prima volta nell’aforisma “Il peso più grande” presente nel suo libro La gaia scienza. Con questa teoria Nietzsche ci presenta una visione del tempo non più lineare, ma circolare. Un tempo che non ha più un inizio ed una fine, ma è una ripetizione infinita di ogni istante, tutti quelli già accaduti e tutti quelli che devono accadere.

Nell’aforisma presente nella gaia scienza, Nietzsche ci fa pensare proprio a cosa accadrebbe, come ci sentiremmo, se ogni istante che abbiamo già vissuto, ogni istante che dobbiamo ancora vivere e ogni scelta che compiamo, dovessero ripetersi altre infinite volte. Ci mostra la piccolezza dell’uomo e delle sue scelte nei confronti dell’infinità del tempo, perchè se tutto si ripete infinite volte in egual modo, allora ogni scelta, anche quella che consideriamo irrilevante, vale esattamente quanto quella che consideriamo più importante. Nulla ha più il valore di un momento irripetibile, così anche il più grande sacrificio umano o il più grande successo viene messo sullo stesso piano di un azione miserabile, perché ogni azione si ripeterà infinite volte, senza alcuna distinzione.

D’altra parte Nietzsche fa intendere che ogni momento vale proprio perché si ripete infinite volte allo stesso modo, non perché è irripetibile, e allora dobbiamo amare ogni istante in quanto parte dell’eternità, e dobbiamo agire in modo da desiderare anche l’eterno ritorno di ogni nostra azione. Alla fine dell’aforisma “Il peso più grande” viene mostrata sia la tragicità di un pensiero del genere, la condanna, sia l’aspetto divino, perché ci viene suggerito che magari abbiamo vissuto un attimo così immane, immenso, così importante, che varrebbe la pena ripetere ogni dolore, ogni altro istante, pur di ripetere anche quello. Un attimo che per noi ha un’importanza tale che la ripetizione dello stesso potrebbe giustificare la ripetizione di tutta la nostra esistenza.

Successivamente Nietzsche approfondisce il tema dell’Eterno Ritorno nella sua opera “Così parlò Zarathustra”, dove lo illustra attraverso l’immagine di due sentieri infiniti, che convergono nello stesso punto. Un sentiero va all’indietro e rappresenta il passato, l’altro sentiero va in avanti e rappresenta il futuro, entrambi i sentieri durano un’eternità, ed il punto d’incontro di questi sentieri è l’attimo presente. In sostanza, se questi due sentieri vanno entrambi verso l’infinito, vuol dire che vanno verso la stessa cosa, quindi quelle che a noi sembrano due strade dritte, in realtà sono parte dello stesso circolo, un circolo più grande e ricurvo, che non possiamo vedere da quella prospettiva.

Nietzsche elaborò la sua teoria dell’eterno ritorno partendo anche da fondamenti scientifici, secondo lui se la materia è finita vuol dire che può manifestarsi in un numero finito di combinazioni (se pur enorme), e in un tempo infinito ogni combinazione possibile deve per forza di cose ripetersi più e più volte. Quindi ogni cosa che è successa, succederà di nuovo, prima o poi, nello stesso identico modo, perché c’è a disposizione un lasso di tempo infinito per farla succedere.

La teoria di Nietzsche non è da intendere come teoria scientifica, bensì come un modo di stare al mondo, non deve essere vera, ma bisogna “solo” comportarsi come se lo fosse. Zarathustra ci chiede se siamo in grado di sopportare il peso più grande, l’eterna ripetizione di ogni istante, e non solo sopportarlo, ma addirittura volerlo, desiderare ardentemente che ogni cosa ritorni ancora una volta così com’è successa. Solo così potremmo trasformare ogni “è stato” in “così ho voluto che fosse” e infine ridere di ogni evento col riso del Superuomo.

"La mia formula per la grandezza dell'uomo è amor fati: non volere nulla di diverso, né dietro né davanti a sé, per tutta l'eternità."

Friedrich Nietzsche

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