
L’uomo a una dimensione
Marcuse specifica chiaramente il sistema dei bisogni nella società moderna, affermando che è l’apparato a imporre le sue esigenze economiche agli individui, e non il contrario.
Albert Camus elabora il suo concetto di “assurdo” partendo dalle conseguenze della morte di dio, ovvero dal crollo delle illusioni donate dalla metafisica e dalla conseguente perdita del senso della vita. Il sentimento dell’assurdo ci viene esplicato nel saggio “Il mito di Sisifo”, incentrato sulla filosofia esistenzialista. Camus inizia il saggio mettendo in chiaro che esiste un solo problema filosofico serio: quello del suicidio. Dunque l’analisi dell’assurdo serve per capire se la vita vale o meno la pena di essere vissuta.
Qualunque cosa faccia l’uomo, dall’azione più grande a quella più misera, conduce sempre alla verità ineluttabile che un giorno, presto o tardi, quest’uomo dovrà morire. Dinanzi a questa verità sorge l’inutilità dell’esistenza: qualsiasi cosa io faccia è inutile se alla fine dovrò morire, e se con me moriranno anche tutti quelli che conosco, così che non rimanga neanche il ricordo di quell’azione. Ecco che già in questo nasce l’assurdo, nel fatto che l’uomo deve vivere e compiere “grandi” azioni, pur sapendo che di tutta questa vita e questa grandezza non ne resterà nulla.
“Tutto ciò che esalta la vita ne accresce, allo stesso tempo, l’assurdità”. -Camus
L’assurdo nasce dal confronto fra l’uomo ragionevole in cerca di chiarezza ed il mondo irrazionale, fra un’azione ed il mondo che la supera. Dice Camus che se vedessimo un uomo attaccare con un’arma bianca un gruppo di mitragliatrici, giudicheremmo il suo comportamento assurdo, e quest’assurdità nasce proprio dal confronto che c’è fra le sue intenzioni e la realtà che lo attende. Più è grande la divergenza fra i termini del paragone, ad esempio l’azione dell’uomo ed il mondo, tanto più grande sarà il senso di assurdità.
Col mito di Sisifo, Camus ci racconta l’assurdità della condizione di Sisifo, un uomo condannato a spingere un macigno in cima ad una montagna all’infinito, per l’eternità, perché una volta arrivato in cima, il macigno rotola di nuovo ai piedi della montagna. Ciononostante Camus ci dice che bisogna immaginarsi Sisifo felice, perché prendendo consapevolezza dell’assurdità della sua condizione ed ammettendo l’irrazionalità del mondo, accetta il suo destino.
L’atteggiamento proposto da Camus per affrontare l’assurdo è quello della rivolta. Egli sostiene che, nonostante l’assenza di un senso oggettivo, l’individuo può e deve ribellarsi alle ingiustizie e alle condizioni opprimenti del mondo. Per Camus, la ribellione è un atto di affermazione della propria umanità. Il suicidio, sia quello fisico che quello intellettuale, non è una soluzione, perché non risolve il problema del senso dell’esistenza, ma lo aggira solamente, lo evita e non lo affronta. Quindi secondo lui bisognerebbe accettare l’irrazionalità del mondo e vivere sopportando questo peso, come fa Sisifo.
«Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore che nega gli dèi e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice.» -Camus
Scrittore, divulgatore, e fondatore del progetto filosofia contemporanea.
Marcuse specifica chiaramente il sistema dei bisogni nella società moderna, affermando che è l’apparato a imporre le sue esigenze economiche agli individui, e non il contrario.
Nell’opera teatrale “A porte chiuse” Sartre mette in scena tre personaggi collocati all’inferno in una stanza apparentemente chiusa, senza finestre e specchi, in attesa di ricevere la loro punizione.
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